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FF.AA. POLIZIA STATO VV.FF.

Livello 18

LE PARTICOLARI ESIGENZE CONNESSE AL SERVIZIO: IL CASO DELLE FORZE ARMATE, DELLA POLIZIA DI STATO E DEI VIGILI DEL FUOCO


L’articolo 3, comma 2 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, stabilisce che nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, nonché delle altre strutture elencate, le disposizioni contenute nella norma debbano essere applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative
Tali esigenze avrebbero dovuto essere individuate entro e non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto attraverso l’emanazione di appositi decreti.
Per quanto riguarda le Forze Armate lo specifico regolamento è stato emanato con il DPR 90/2010, mentre per quanto riguarda la Polizia di Stato e i Vigili del Fuoco non essendo ancora stato emanato alcun regolamento continua a mantenere validità, ex articolo 3, comma 3 del D.Lgs 81/08 il decreto interministeriale 14 giugno 1999, n. 450 a suo tempo emanato in forza  delle previsioni del D.Lgs 626/94. Da qualche tempo però gli uffici del Ministero dell’Interno stanno lavorando per giungere alla conclusione dell’iter che dovrebbe portare, dopo quasi dieci anni dal D.Lgs 81/08, all’emanazione del nuovo decreto.
Nel frattempo in Parlamento si discute della possibilità di rivedere alcune scelte a suo tempo compiute che non paiono aver raggiunto i risultati sperati.
La proposta di Legge 3925 recante “Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e altre disposizioni concernenti la sicurezza sul lavoro e la tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali del personale delle Forze armate” presentata il  23/6/2016  si basa principalmente sul lavoro della Commissione Parlamentare di inchiesta “sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano  impiegato in missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni” istituita presso la Camera dei Deputati.
Non vi è dubbio che nei settori della Difesa e delle Forze di Polizia esistano peculiarità tali da richiedere un adattamento nell’applicazione del D.Lgs 81/08, ma tali peculiarità non devono essere portate a giustificazione di una riduzione delle tutele, bensì assunte come esigenza di fornire ai lavoratori, impegnati in questi delicati ambiti, particolari e specifiche misure di prevenzione e protezione.
Tra i punti critici vi è in primo luogo la c.d. vigilanza domestica che si è dimostrata del tutto inadeguata. L’attuale organizzazione vede una azione di vigilanza limitata e debole sia sul piano quantitativo, sia sul piano qualitativo, e ciò rende di fatto poco incisiva l’azione dei soggetti obbligati che a loro volta operano spesso in ambiti nei quali vengono meno i necessari poteri decisionali e di spesa.
L’articolo 13, comma 1 bis del D.Lgs 81/08 prescrive che “Nei luoghi di lavoro delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le predette amministrazioni
”.
Dunque con i regolamenti sopra indicati la vigilanza sull’applicazione della normativa di riferimento è stata affidata nell’ambito della Difesa alle stesse Forze Armate  mentre nell’ambito della Ministero degli Interni i compiti di vigilanza sono affidati ai rispetti Uffici Centrali ispettivi della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco.
Per quanto riguarda le attività svolte dagli organi di vigilanza militari, il lavoro condotto dalla citata Commissione Parlamentare di inchiesta ha portato alla pubblicazione, in data 19/7/2017,  della  sua seconda relazione intermedia. L’insufficienza e l’inadeguatezza dei controlli, in particolare in merito ai  DVR (Documento di Valutazione del Rischio) al DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali), dal PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) ai programmi di informazione-formazione dei lavoratori,  e la conseguente  mancanza, quasi totale, di prescrizioni fanno venir meno anche l’azione di stimolo nei confronti dei soggetti obbligati.
Soggetti obbligati che nei rarissimi casi in cui vengono sanzionati, per gli effetti prodotti dall’articolo 253, comma 8, D.P.R. n. 90/2010, sono sollevati dall’effetto afflittivo dei pagamenti in sede amministrativa previsti dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e delle sanzioni amministrative previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008, che invece sono  imputate “in via transitoria sul pertinente capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa”. Occorre ricordare che in questi casi la norma prevede la possibilità di  rivalsa da parte dell’Amministrazione nei confronti degli interessati, ma da quanto emerge non pare questa una strada  concretamente percorsa.
Dunque se da un lato la proposta di Legge 3925 va nella direzione del superamento della c.d. vigilanza domestica attraverso una modifica dell’art. 13 del D.Lgs 81/08, dall’altro la situazione attuale vede ancora il paradosso di un soggetto che vigila su se stesso. Così anche nell’ultima bozza del regolamento sull’applicazione del D.Lgs 81/08 nell’ambito della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco si prevede che sia un ufficio centrale dei due rispettivi Dipartimenti a svolgere tale ruolo. In questo caso chi controlla i controllori è chiaro, sono i controllati.
Altro tema di enorme importanza riguarda l’individuazione dei datori di lavoro all’interno di queste amministrazioni dello Stato.
Per quanto riguarda l’ambito delle Forze Armate,  l’art. 246 del DPR 90/2010 individua il datore di lavoro a livello dei comandi o uffici aventi autonomia gestionale e dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa.
Il problema è  che il possesso degli autonomi poteri decisionali e di spesa non trova, sotto più aspetti, un concreto riscontro nella realtà, e, in particolare, non comprende quelle scelte strategiche che hanno ricadute in termini di organizzazione del lavoro, investimenti economici, uniformità di intervento.
Spesso, nel determinare gli “autonomi poteri decisionali e di spesa”, ci si affida a valutazioni formali e solo in casi di estrema gravità gli accertamenti si spingono a verificare l’effettività di tali poteri e di conseguenza l’individuazione del datore di lavoro nelle strutture militari tende a collocarsi a livelli palesemente bassi, con una crescente frammentazione di ruoli, e di conseguenza
A questa logica non fa eccezione l’emanando regolamento destinato alla P.S. e ai VV.F.  dove si arriva a prefigurare che  “nel rispetto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato” possano individuarsi quali datori di lavoro funzionari “ancorché non siano dotati di autonomi poteri di spesa”.  In tali casi “la responsabilità del predetto datore di lavoro è limitata agli effettivi poteri di gestione posseduti”. Insomma un datore di lavoro dimezzato.
Non pare questa la strada corretta. Non è cercando di suddividere le responsabilità in mille rivoli che si assicura la tutela della salute dei lavoratori. E’ corretto affidare compiti in materia di sicurezza in ragione dei ruoli ricopertiti lungo la catena di comando, ma deve essere assicurata una visione strategica di insieme che deve appartenere ai ruoli apicali dell’organizzazione. Non è un caso che il legislatore del D.Lgs 81/08 abbia ritenuto in delegabile l’obbligo di valutazione dei rischi, e non è un caso che lo stesso legislatore abbia previsto una norma come quella contenuta nell’articolo 299 D.Lgs. n. 81/2008: la posizione di garanzia di datore di lavoro grava altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici del datore di lavoro.
Una norma, questa, che ha ormai assunto nella giurisprudenza della Corte Suprema un peso determinante:

Cassazione penale, Sez.  IV - Sentenza n.  2536  del  21  gennaio 2016
 
‘‘La posizione di garanzia può  essere generata non  solo  da  investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto  delle  funzioni tipiche delle  diverse figure di garante. E` spesso di particolare importanza porre attenzione alla concreta organizzazione della gestione del  rischio. Tale  indicazione si desume testualmente dall’art. 299  del  T.U. sulla sicurezza del  lavoro; ma  costituisce importante principio dell’ordinamento penale. Si e`  affermata anche in giurisprudenza una visione eclettica della  fondazione del  ruolo di garanzia che  ha  in parte superato la storica concezione formale. Si e` sviluppata una elaborazione sostanzialistico-funzionale che  non  fa più  leva  tanto su profili  formali quanto piuttosto sulla funzione dell’imputazione per  omissione, connessa all’esigenza di natura solidaristica di tutela di beni  giuridici attraverso  l’individuazione di un  soggetto gravato del  ruolo di garante della  loro  protezione. Tale individuazione del garante avviene, più  che  sulla base di criteri  formali, alla stregua della  posizione di fatto  assunta, del  ruolo svolto. L’elaborazione in questione, pur dovendosi ecletticamente integrare con  l’approccio formale, presenta il pregio ampiamente riconosciuto di aderire allo  specifico punto di vista dell’ordinamento penale, selezionando in senso restrittivo il dovere di agire nell’ambito della  sterminata congerie di obblighi presenti nell’ordinamento”.

Ed è  significativo che, in forza dell’art. 2, comma 1, lettera b), ultimo periodo, D.Lgs. n. 81/2008, qualora nelle Pubbliche Amministrazioni non si provveda ad individuare il datore di lavoro in soggetti dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa, “il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice
”.
E’ auspicabile che il legislatore ponga rimedio ad alcune storture, come quelle descritte, contenute nel D.L.gs 81/08 al fine di migliorare l’efficacia delle norme e la tutela dei lavoratori, in particolare di quei lavoratori che servono la collettività indossando una divisa.

 
 
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